Assegno di divorzio: la Corte Costituzionale supera il “dogma” del tenore di vita coniugale

L’assegno post matrimoniale è un istituto creato e concepito all’inizio degli Anni 70, con la legge sul divorzio (è previsto dall’art. 5 della legge 898/70, poi modificata dalla legge 74/1987).

Esso in sostanza sancisce il permanere di un vincolo solidaristico tra i coniugi, anche dopo lo scioglimento del matrimonio: pronunciando il divorzio, il giudice può disporre in favore del coniuge che non disponga di mezzi adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive un assegno mensile.

L’adeguatezza viene riferita al tenore di vita matrimoniale.
L’interpretazione giurisprudenziale ha univocamente chiarito che l’assegno di divorzio assolve una funzione prettamente assistenziale, presupponendo una condizione di bisogno del coniuge destinatario dell’assegno.

Su questo filone è da ultimo intervenuta la Consulta, la quale, investita della questione di legittimità costituzionale della norma citata, per possibile contrasto con gli art. 2, 3 e 29 della Carta costituzionale, ha dichiarato infondata la questione, svolgendo tuttavia autorevoli e qualificate precisazioni circa il parametro del “tenore di vita”.

Più esattamente, la Corte Costituzionale, facendo proprio l’orientamento dei giudici di legittimità, ha acclarato che il parametro del “tenore di vita” non integra l’unico parametro di riferimento ai fini della quantificazione dell’assegno, ma va valutato e bilanciato con gli ulteriori parametri elencati nell’art. 5 legge div. (le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, il reddito di entrambi, la durata del matrimonio).

In sostanza, afferma la Consulta, il giudice del divorzio deve compiere un duplice ragionamento: dapprima, in astratto, deve valutare la sussistenza dell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge meno abbiente alla luce del tenore di vita coniugale, quindi, in concreto, quantificare la misura dell’ipotetico assegno sulla base degli ulteriori parametri di cui sopra, i quali agiscono come fattore di moderazione e di diminuzione della somma considerata in astratto, giungendo anche ad azzerarla.

Fonte: Corte Costituzionale, sent. n. 11 dell’11.2.2015 in www.cortecostituzionale.it