Scelta del genitore collocatario: al centro l’interesse del minore

Il criterio cui i giudici devono improntare la decisione sull’affidamento e la collocazione dei figli è esclusivamente l’interesse del minore. Nella scelta del genitore collocatario, cioè del genitore con cui il figlio andrà a vivere in via prevalente, ed ugualmente nella scelta del genitore cui affidare i figli dopo la separazione, madre e padre sono sullo stesso piano.

Il principio della maternal preference, vale a dire il principio della prevalenza della madre per i bambini di età scolare e prescolare non ha alcun peso giuridico: al contrario, l’art. 337 ter c.c. e la Costituzione assegnano rilievo al principio della bigenitorialità, e dunque della neutralità del genitore affidatario.

Queste le valutazioni del Tribunale di Milano in un recente decreto con cui è stata disposta la collocazione di un minore presso il padre, ritenuto genitore più maturo della madre.

Il provvedimento afferma a gran voce la parità genitoriale: il padre, al pari della madre, può essere collocatario dei figli quando ciò corrisponde all’interesse dei figli stessi.
Nella decisione sull’affidamento e sulla collocazione dei figli non può essere solo il genere femminile o maschile a determinare la prevalenza per l’uno o l’altro ramo genitoriale: vanno valutate le risorse genitoriali di ciascuno dei genitori e la decisione deve ricadere sul genitore – madre o padre che sia – che esercita in modo più maturo la responsabilità genitoriale.

Il caso

La vicenda giunta all’esame dei giudici milanesi riguardava una minore affidata al Servizio sociale e collocata in via prevalente presso il padre in forza di provvedimento del Tribunale dei Minorenni. A distanza di qualche tempo, la madre si era rivolta al Tribunale chiedendo la modifica delle regole stabilite dal giudice minorile, ed in particolare che la figlia venisse collocata presso di sè.

Il Tribunale ha valutato attentamente le risorse genitoriali di ciascuno dei genitori, ascoltandoli direttamente ed incaricando i Servizi sociali di svolgere accertamenti sulla relazione tra la bambina ed i genitori, anche mediante audizione della minore (delegata ai Servizi in considerazione dell’età e delle condizioni di fragilità della minore).

Dall’esame della relazione informativa dei Servizi sociali il Tribunale ha ritenuto di escludere al momento il rientro della minore presso la madre, poichè poco collaborante con gli operatori (la madre aveva tenuto un atteggiamento estremamente critico, rendendo dichiarazioni al confine del disagio psichico e manifestando ambivalenza nei confronti degli interventi degli operatori) e non in grado di garantire alla figlia un idoneo ambiente domestico, ossia un ambiente domestico uguale o migliore a quello garantito dal padre.

Per contro, il padre è risultato figura matura nella responsabilità genitoriale, poichè molto focalizzato sull’effettivo interesse della figlia, attento all’educazione, alla salute ed al percorso di vita della minore, e rispettoso del diritto della madre di accedere alla figlia.
Il padre, infatti, non aveva ostacolato il rapporto tra la minore e la madre ed anzi, aveva favorito il rapporto, ampliando i tempi delle visite della madre e occupandosi in prima persona dell’accompagnamento e del prelievo della bambina in occasione degli incontri con la mamma. Anche sotto questo profilo, dunque, il padre si era dimostrato genitore adeguato a tutelare appieno l’interesse della figlia.

Il ricorso della madre volto ad ottenere la collocazione abitativa della figlia è stato rigettato. La minore è rimasta affidata ai Servizi sociali e continuerà a vivere con il padre.

Fonte: Tribunale di Milano, decreto 19.10.2016 (est. Buffone).