Gli accordi tra genitori separati sulle visite ai figli sono vincolanti per il giudice?

No, non lo sono. Il giudice può decidere anche diversamente da quanto concordato dai genitori, se ritiene che regole diverse siano meglio rispondenti all’interesse del figlio.
In tema di separazione personale dei coniugi e di divorzio, e anche con riferimento ai figli di genitori non sposati, il criterio fondamentale cui devono ispirarsi le decisioni dell’autorità giudiziaria riguardo ai figli è rappresentato dall’esclusivo interesse morale e materiale dei figli. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1993 pubblicata il 24 gennaio 2022.
La norma di riferimento è l’articolo 337 ter del codice civile, che pone al centro dell’attenzione del giudice il figlio e il suo migliore interesse. Il tribunale, dunque, non è vincolato agli accordi tra i genitori sul calendario delle visite e può discostarsene per realizzare l’interesse del figlio. La decisione, però, va adeguatamente motivata: il giudice deve chiarire quali sono le specifiche ragioni per cui la soluzione proposta dai genitori non va bene per i figli.

Il caso: tribunale, prima, e corte d’appello, poi, avevano ridotto i giorni di competenza del padre

Il caso giunto all’attenzione della Cassazione riguardava una coppia di genitori non coniugati che, nel procedimento relativo alla regolamentazione dei rapporti con i figli davanti al tribunale di Bologna, aveva concordato l’affidamento condiviso dei figli, la loro collocazione abitativa con la madre e il tempo di permanenza dei figli minori con il padre. Il calendario condiviso prevedeva che il padre trascorresse con i figli sei giorni ogni due settimane.
Nonostante l’accordo, il tribunale aveva ridotto a cinque giorni ogni due settimane il periodo che i figli trascorrevano con il padre e la Corte d’appello aveva poi confermato tale decisione, senza tuttavia chiarire le motivazioni alla base di tale decisione.
Il padre, dunque, si era trovato costretto a rivolgersi alla Corte di Cassazione, contestando la nullità della decisione d’appello in quanto i giudici avevano deciso andando oltre le richieste delle parti.

La decisione però non era motivata e pertanto…

La Cassazione, dopo aver evidenziato che in tema di regolamentazione dei rapporti tra genitori e figli il giudice deve tener conto soltanto dell’interesse del minore, a prescindere dagli accordi tra i genitori, ha accolto la richiesta del padre, sottolineando che la decisione difforme dagli accordi tra i genitori dev’essere adeguatamente motivata. Nel caso esaminato né il tribunale né la corte d’appello avevano giustificato la previsione di un calendario difforme da quello chiesto dai genitori. Pertanto, la causa è stata rimessa alla causa alla Corte d’appello di Bologna per essere riesaminata.

Fonte: Cassazione, Sez. VI, ord. n. 1993 del 1-24 gennaio 2022

assegno divorzile

Assegno di divorzio: basta la differenza tra i redditi dei coniugi?

Con una recentissima decisione la Corte di Cassazione torna nuovamente sul tema dell’assegno di divorzio. In particolare, la Cassazione ha bocciato una sentenza della Corte d’Appello di Napoli con cui era stato riconosciuto un consistente assegno alla moglie che aveva redditi inferiori a quelli del marito.

Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello aveva deciso tenendo conto solo della differenza tra i redditi e del fatto che il marito, essendo più facoltoso, era in grado di provvedere senza difficoltà a corrispondere alla moglie un assegno mensile di 2.500,00 €.

Così facendo, però, i giudici d’appello hanno sbagliato, afferma la Cassazione: la disparità tra le condizioni economiche dei coniugi è, infatti, soltanto uno dei requisiti necessari per l’assegno divorzile e da solo non basta.

È necessario anche dimostrare che il divario è conseguenza delle scelte fatte di comune accordo tra i coniugi durante il matrimonio ed in base alle quali uno dei due, generalmente la moglie, ha sacrificato le sue aspirazioni lavorative per occuparsi della famiglia.

L’assegno di divorzio dunque va a compensare la diminuzione economica subita da uno dei coniugi per realizzare il progetto familiare condiviso.

La Cassazione, richiamando i criteri della famosa sentenza a Sezioni Unite n. 18287 del 2018, ha ribadito dunque che l’assegno divorzile ha una funzione compensativa, oltre che assistenziale. L’assegno pertanto non è teso a garantire al coniuge beneficiario la conservazione del tenore di vita del matrimonio, ma a riequilibrare le condizioni economiche dei coniugi a fronte del sacrificio professionale e reddituale fatto da uno dei due in funzione della famiglia.

Fonte: Cassazione civile ordinanza n. 2811 del 31.1.2022.